La voglia di viaggiare è tornata in modo molto forte dopo anni di restrizioni a causa della pandemia. Nel mercato turistico si sente, infatti, un’aria di rivincita con una stagione turistica che si presenta positiva, seppur ancora con alcune incertezze legate all’inflazione. Sembra evidente il ritorno dei flussi turistici internazionali nel nostro paese, ma anche la ripresa dei flussi italiani verso l’estero. Quello che ancora non sappiamo è se questo sarà un anno record, o se ci attesteremo sui livelli del 2019.
La ripresa del turismo cela anche alcune incognite legate al suo impatto sui territori. Questo perché la redditività del modello turistico attuale si basa sui volumi e non sulla qualità.
La sostenibilità nel turismo
La sostenibilità nel turismo si sta concretizzando sempre di più. Il boom dei turisti complica la riduzione delle emissioni di CO2 e gli obiettivi fissati per il 2030, specialmente nel settore del trasporto. Ma soprattutto eccessivi volumi comportano un’evidente diminuzione di alcune risorse, in primis l’acqua. In Italia, si riscontra una carente disponibilità di alloggi in affitto per i residenti in quanto i proprietari di immobili preferiscono dedicarsi alle locazioni turistiche. Ciò comporta tensioni sociali, l’innalzamento dei prezzi nei servizi e problematiche di convivenza fra turisti e residenti.
Nonostante tali problematiche siano conosciute, il settore turistico non si preoccupa attivamente del bilancio degli effetti positivi e negativi del turismo. Sia le destinazioni che gli operatori, infatti, non vedono nella sostenibilità un argomento prioritario. La prova è che nel 2023 si sta riproponendo al mercato la stessa proposta turistica del pre-Covid.
Ma qualcosa è cambiato: la mentalità dei viaggiatori/turisti e la loro coscienza ambientale rispetto al turismo e alle destinazioni turistiche. L’ultimo report di Booking (Sustainable Travel Report, 2023), con interviste ad oltre 30.000 viaggiatori di 35 paesi fra cui l’Italia e i suoi mercati principali, indica che il 76% dei turisti preferisce opzioni di viaggio sostenibili. La percentuale indica un incremento del 16% in relazione ai dati del 2021 e del 5% rispetto a quelli del 2022. C’è un dato al quale è necessario prestare attenzione: il 43% dei turisti dice di essere disponibile a spendere di più per viaggiare in un modo più sostenibile.
Un altro studio di Mastercard, che analizza mercati importanti per l‘Italia come Germania, Regno Unito e Francia, va più a fondo. Il 53% dei turisti di questi paesi dichiara di essere consapevole della sostenibilità in casa, ma soltanto il 16% si comporta in modo responsabile quando viaggia. Cioè, i turisti richiedono agli hotel o agli operatori turistici di essere sostenibili, magari anche privilegiando quelli che hanno delle certificazioni, ma poi non si comportano in modo sostenibile (spreco di cibo nei buffet delle colazioni, non riutilizzo degli asciugamani, ecc.).
La verità è che la sostenibilità ha un costo e un prezzo. Un 69% degli intervistati da Mastercard accetterebbe di pagare un sovraprezzo di massimo il 5% per vacanze sostenibili e un 45% fino al 10% di sovraprezzo. Cioè, la volontà della domanda verso la sostenibilità c’è, ma il prezzo che si è disponibili a pagare forse non corrisponde ai costi reali. In essenza, succede come per la qualità: il cliente non è disponibile a pagarla di più, la dà ormai per scontata.
Gli operatori devono adattarsi al turista sostenibile. Forse non lo si fa con piacere perché le normative e le direttive per la riduzione delle emissioni forzano i cambiamenti. Ma come operatori dobbiamo considerare che è il mercato stesso che sta imponendo un’evoluzione verso servizi e offerte con carattere sostenibile. Questo comporta da parte degli operatori turistici e delle destinazioni un cambiamento di mentalità nella gestione delle risorse, come acqua, energia e dei rifiuti. Però probabilmente il campo a cui prestare maggiore attenzione è la mobilità, dove si sta invece facendo meno di quanto sarebbe auspicabile.
Secondo una recente analisi, i turisti europei valutano molto positivamente il fatto che nella destinazione si rispetti e si valorizzi il contesto naturale. Al momento di scegliere la destinazione, il 36% considera il cibo eco, biologico e salutare, mentre per il 14% dei turisti è importante che la struttura ricettiva abbia sistemi di efficientamento energetico e nella gestione dei rifiuti. In essenza, non basta promuovere la destinazione e le strutture vantando location, prezzo e attrattive, ma va anche messo in evidenza tutto ciò che riguarda la sostenibilità, l’efficienza idrica, la percentuale d’energia rinnovabile utilizzata ecc.
Cosa stanno facendo i competitor
Osservando ciò che stanno facendo i nostri principali competitor, qualche preoccupazione dovremmo averla. Da un lato, il tentativo di attirare i turisti Millennial e della Z Generation comporta una maggiore attenzione verso tutti gli aspetti della sostenibilità turistica, poiché questi target hanno una sensibilità maggiore rispetto alla Boomer generation e la X Generation.
In Spagna, Francia, Grecia, Croazia, Germania, Svizzera e Austria le certificazioni di sostenibilità per le destinazioni e per i singoli operatori (hotel, servizi turistici, ecc.) guadagnano importanza, così come le misure per ridurre l’uso della plastica, il consumo dell’acqua e dell’energia.
Un segnale importante è la scelta del Governo francese di vietare per legge i voli domestici di corto raggio sui tragitti coperti dal trasporto ferroviario e una percorrenza di meno di due ore e mezza. Ma non solo, l’UE ha approvato delle misure per ridurre entro il 2030 le emissioni di CO2 del trasporto di almeno un 55% rispetto al 1990, ma questo comporterà inevitabilmente un incremento dei prezzi dei biglietti aerei.
Quali soluzioni?
Già quest’anno viaggiare è più costoso. L’inflazione e il caro energia fanno sì che il reddito delle famiglie per fare turismo sia inferiore, ma anche che i costi per le imprese siano maggiori, portando ad un incremento dei prezzi. Pertanto, si osserva un riposizionamento dell’offerta nel segmento premium, che ovviamente lascia fuori determinati segmenti della domanda.
In tutto questo panorama, cresce l’idea di mettere un freno al turismo senza controllo o almeno di stabilire delle limitazioni. A questo punto è necessario capire quale sia la strada che il turismo italiano debba intraprendere. La sostenibilità è un argomento che ancora non si percepisce come necessario e prioritario, seppur il mercato stia andando in questa direzione. Dall’altro lato, il nostro modello turistico è improntato al volume, ma ogni volta ci sono più destinazioni culturali, naturalistiche, balneari, che hanno problemi di sovra-turismo o di eccessiva massificazione. E poco si sta facendo in questo senso.
Puntare sul turismo di qualità non vuol dire essere automaticamente sostenibili. Un hotel di lusso consuma quattro volte più acqua ed energia rispetto a un hotel di categoria inferiore. Allo stesso tempo, una strategia non intelligente di limitazioni in una destinazione può produrre un elitarismo della destinazione. E qui partono considerazioni ideologiche più che di business.
Le soluzioni non sono facili, ma è evidente che non si può improvvisare. Nel caso del turismo italiano è necessario cominciare a ragionare con KPI diversi perché il numero di arrivi serve a poco. È più logico ragionare su indicatori come le presenze, la spesa giornaliera e l’impronta ambientale. Concetti però ancora lontani della mentalità del turismo in Italia.
La sostenibilità economica del turismo in Italia per il 2023 sembra assicurata. Ma dobbiamo chiederci se saremo in grado di rispondere al cambiamento in atto della tendenza della domanda, sempre più orientata alla sostenibilità ma senza voler pagare molto di più. Sicuramente è necessaria una maggiore coscienza nel turismo italiano verso la sostenibilità, non tanto perché sia un bel concetto, ma perché il mercato lo sta già chiedendo.