cambio di ciclo

WARNING! Cambio di ciclo nel turismo. Luci ed ombre per imprese e destinazioni turistiche

Già da qualche mese si percepiscono dei segnali. Il 2019 del turismo è arrivato e si sta evolvendo in modo particolare. Sicuramente stiamo iniziando a vivere un cambio di ciclo della domanda. Veniamo da anni in cui il turismo in Italia è cresciuto. In parte grazie ai problemi di sicurezza in alcune destinazioni turistiche competitor, in particolare quelle del Mediterraneo (Egitto, Tunisia, Turchia, Francia, ecc.). Ma anche perché ormai il desiderio di viaggiare delle persone è tale che neanche la paura riesce ad alterare i flussi turistici.

I grandi operatori turistici, gli alberghieri, i tour operator e le compagnie aeree sono preoccupati di fronte all’evoluzione che è già in atto. Tra le cause di incertezza ci sono il rallentamento generale dell’economia, l’impatto Brexit, il calo dei consumi in Germania e il rallentamento anche da parte della Cina, mercato fino ad oggi in forte espansione. Ma non solo, anche il ritorno nel mercato di alcune destinazioni e il sorgere di altre. Le prospettive emerse nel recente summit del World Travel & Tourism Council indicano che la crescita del turismo a livello globale sarà del 4%. Tuttavia, per le destinazioni europee ci si aspetta un tasso di crescita più moderato, del 3,6%. Le prospettive per quest’anno, seppur siano positive, mettono in evidenza una minore crescita rispetto al 2018, così come una minore redditività.

Le disruption nel turismo 

Negli ultimi anni si sono verificate delle profonde disruption. In primis, l’intermediazione attraverso le OTA, che hanno preso il possesso della distribuzione dell’offerta turistica. Ma anche l’irruzione della sharing economy, che è sfociata in una nuova e spesso incontrollata offerta di ricettività extralberghiera. Però la principale disruption è stata quella del turista, che dall’accettare l’offerta in modo passivo è passato a decidere e modellare il prodotto attivamente. Infine, le esperienze, ovvero il fatto che i turisti esigano delle proposte esperienziali. In essenza, la catena del valore nel turismo è stata stravolta totalmente.

Quali saranno gli effetti di questo cambio di ciclo nel turismo? Vediamo alcuni dei fattori che incidono su questo cambio di ciclo:

  • Maggiore concorrenza

Nel settore turistico italiano si percepisce incertezza e una certa preoccupazione. Alcuni fattori hanno già avuto impatto sull’evoluzione delle prenotazioni rispetto agli anni precedenti. In primis, c’è il ritorno sul mercato delle destinazioni competitor nel turismo balneare. Gli incrementi di arrivi internazionali si erano già generalizzati l’anno scorso, come in Egitto (+36%), Turchia (+23%), Grecia (+10,8), Tunisia (+20,5%) e Marocco (+14%). Questa tendenza si sta consolidando. Ad esempio, nel 2019, la Turchia presenta buone prospettive, perché nei primi due mesi più di 3,2 milioni di turisti sono arrivati nel paese. Cioè un 7,4% di più rispetto al 2018. L’Egitto sta andando molto bene, in particolare nelle destinazioni sul Mar Rosso.

Ma non c’è solo da temere la concorrenza di queste destinazioni. Il cambio di ciclo viene anche determinato da nuove destinazioni balneari nel Mediterraneo. L’Italia non deve soltanto guardarsi da Croazia o Spagna, ma anche da Malta, che già l’anno scorso ha registrato una crescita del 40%. Nel 2019 stanno entrando in gioco nuove destinazioni competitor nell’Adriatico. Il Montenegro, ad esempio, ha investito fortemente sul miglioramento delle sue infrastrutture, ha svolto buone azioni promozionali ed ha migliorato la propria connettività. Riuscendo ad estendere la stagionalità, potrebbe crescere del 40%. E non va dimenticata l’Albania, dove, grazie alle politiche di sviluppo del Governo, si stanno costruendo resort che cominciano ad attirare flussi importanti di turisti.  Infine, sembra che il re dell’estate sarà il Mar Rosso, almeno per il turismo outgoing balneare italiano.

  • Private accommodation

Nato come sharing economy, oggi è un settore ormai organizzato e potente. Gli affitti brevi ai turisti sono una realtà consolidata che continuerà a crescere per quanto riguarda sia l’offerta che la domanda. Nel periodo 2010-2019, questo mercato è cresciuto di 20 miliardi di euro ed arriverà nel 2020 ad un fatturato di 45 miliardi solo in Europa. La private accommodation nel nostro continente è già la forma primaria di alloggio e sicuramente andrà a crescere, perché è quella più utilizzata dai Millennials.

Questi dati possono essere allarmanti per l’industria degli hotel. Le percentuali dei turisti europei che usufruiscono degli affitti di case, appartamenti, ecc. sono già considerevoli. Nel caso della Germania e della Francia sono il 39%, dei britannici il 36%, e degli americani il 20%.

L’impatto di quest’offerta ricettiva comincia ad essere considerevole. Ad oggi, è importante soprattutto nelle grandi destinazioni, specialmente in quelle di turismo urbano e nelle città d’arte. La piattaforma di ospitalità peer-to-peer (Airbnb) rappresenta una minaccia reale sia in termini di domanda, sia in termini di tariffe. Infatti, non solo sta dirottando una notevole domanda, ma obbliga anche la concorrenza delle private accomodation a ridurre le tariffe. Seppur le strutture ricettive in destinazioni o mercati secondari e decentrati possano per ora dormire sonni tranquilli, la situazione cambia drasticamente nei centri urbani molto popolati.

Ne deriva un forte impatto sulle destinazioni, con problematiche di overtourism e turismofobia. Londra ha rafforzato le regole sulla sharing economy e gli affitti brevi. Parigi ha introdotto l’obbligo per i proprietari di registrarsi online a prova che la locazione sia ufficialmente autorizzata. Berlino regola gli appartamenti in sharing, proibendo la conversione di potenziali spazi abitativi in case vacanze. Mentre Madrid ha sviluppato misure rivolte alla gestione di sharing economy, escludendo gran parte degli host Airbnb. L’obiettivo è quello di controllare i prezzi degli affitti e rendere prioritario l’uso residenziale di palazzi e appartamenti.

Più drastica Barcellona. Per alleviare la pressione turistica e ridurre l’overtourism, la città ha previsto l’obbligo della licenza per affitti a breve termine e l’introduzione di “minimum stay”. Ad Amsterdam è stata introdotta la gestione attiva della sharing economy con il divieto di nuovi affitti brevi messi su Airbnb in zone affollate.

È ormai evidente che il fenomeno della private accommodation non fa marcia indietro. Lo hanno già capito le grandi catene alberghiere come Marriot, Accor e Room Mate, ecc. Esse sono già entrate in questo segmento, tentando di trarre profitto dalla situazione e limitare i danni nel proprio business dell’hôtellerie.

Gli affitti brevi e la private accommodation sono sicuramente un fattore da considerare da parte degli operatori turistici, perché influiscono nettamente sui ricavi. Ma ovviamente incidono anche sulla diminuzione di turisti nelle strutture alberghiere.

  • Cambiamento climatico: vacanze a casa

Che il clima influisca sul turismo è cosa risaputa. Ormai sono classiche le lamentele degli operatori turistici davanti alle previsioni sbagliate dei meteorologi. Ma ciò che in Italia non si valuta abbastanza è come il cambio climatico influisca anche sulla tempistica delle prenotazioni. Con una ovvia riduzione del volume di turisti europei nelle nostre località.

Nel 2017 e nel 2018, i mesi estivi sono stati i più caldi della storia in Gran Bretagna, Germania, Svezia, Norvegia, ecc. Ciò ha fatto sì che si stiano rivalutando destinazioni balneari nel mare del Nord e nel mar Baltico. Molti turisti nordici decidono già di non considerare il Mediterraneo o le città d’arte come mete dell’estate per rimanere nei propri paesi. Secondo un recente rapporto della WTM, l’anno scorso il 21% dei britannici ha deciso di rimanere nel proprio paese per le vacanze. Questo fenomeno è già stato battezzato come “staycation”. Lo stesso sta avendo luogo anche in Germania e in Scandinavia, dove, in attesa di vedere di come sarà il tempo, si ritarda al massimo la scelta e la prenotazione della vacanza all’estero. Il fenomeno marca un cambio di ciclo, tant’è che nel litorale britannico si sta investendo in nuove strutture, soprattutto alberghiere.

  • Post-experience

Al momento della decisione, oltre il 25% dei turisti europei ricerca, nella destinazione delle vacanze, le attività e le esperienze che vengono offerte. Il cambio di ciclo viene anche promosso dal turista, che è cambiato. Ormai gli importa poco il luogo, ma le attività e le esperienze che si fanno nel luogo. I turisti, indipendentemente dal mercato al quale appartengono, cercano delle esperienze diversificate, differenti, inusuali, ecc. Insomma non vogliono fare i turisti, cioè non vedere o fare quello che fanno gli altri. Secondo Phoscuswright, sette turisti su dieci considerano le attività che offre la destinazione al momento di decidere il luogo delle vacanze. Inoltre, più del 30% comincia la ricerca della destinazione proprio mediante le attività/esperienze, prima di scegliere o prenotare altri elementi di viaggio (alloggio, trasporto).

Le attività nella destinazione sono un’offerta che ha guadagnato quota di mercato a livello mondiale. Attualmente rappresentano l’8% del totale delle prenotazioni online effettuate nell’ambito turistico. A livello globale valgono più del 10% del fatturato del settore turistico. Tuttavia, si tratta di un mercato molto frammentato, costituito da piccoli operatori, con una capacità di promocommercializzazione online molto ridotta.

Ma il problema risiede nel fatto che i turisti vivono le esperienze come un fattore personale. Secondo Skift, il 38,8% dei turisti vuole esperienze autentiche entrando in contatto con i locali. Il 34% vivere esperienze relazionate al food, all’arte e alla cultura e il 22% fare attività spirituali o di wellness.

Tutto questo obbliga gli operatori turistici ad una costante innovazione nelle proprie proposte e prodotti. Ormai, la ricettività, la ristorazione e il trasporto non sono altro che servizi con i quali ottenere delle esperienze.

  • Luxury vs cheap

Il mercato turistico si è polarizzato. Non c’è più spazio per una proposta pensata per la maggioranza delle persone. Il cambio di ciclo viene anche determinato da una domanda crescente di turismo luxury: il nuovo turismo del lusso non è negli hotel, ma nelle esperienze. Inoltre, cambia il concetto di lusso: dal luxury tourism service, come potrebbe essere un hotel a 5 stelle, si passa alla luxury personalized experience. È importante, in questo caso, sottolineare che il valore (anche economico) delle esperienze è in netta crescita e supera ormai il valore dei beni materiali. Le prospettive di crescita della domanda per i prossimi anni dicono che il luxury travel crescerà del 6,2%. Ma cos’è il luxury travel oggi? Possiamo distinguere tre diverse categorie di lusso:

Aspiring luxury: il turista nella sua esperienza realizza attività di valore, che sono superiori a quelle che dovrebbero essere alla sua portata;

Accessible luxury o upscale tourism: attività, esperienze e ricettività con un’alta dose di valore aggiunto, ma che non arrivano al lusso sfrenato;

Absolute luxury: proposte di alto valore, hotel da sogno e servizi esclusivi che puntano sull’esclusività come formula.

Le grandi catene alberghiere che hanno capito questo trend stanno segmentando la propria offerta in accommodation luxury, upscale ed economy. Mentre le destinazioni lavorano su segmenti premium della domanda, segmentando per esperienze luxury ed upscale e sviluppando esperienze di valore. Lo stesso succede con i TTOO che creano dei prodotti mirati e focalizzati.

Dall’altro lato della polarizzazione troviamo il turismo low budget, che crescerà del 4,8%. Di cosa si tratta? Non dobbiamo intenderlo come un turismo da straccioni. Perché ormai sappiamo che la logica irrazionale del turista lo porta ad alternare, per esempio, delle vacanze di accessible luxury a dei weekend low cost.

Anche il turista budget può essere suddiviso in diverse categorie:

Ultra budget traveller: chi frequenta sistemazioni a bassissimo costo, come gli ostelli;

Frugality backpaper: alloggia in sistemazioni economiche, ricerca pasti a basso costo e viaggia preferibilmente in bassa stagione;

Low cost tourist: alloggia in sistemazioni di tipo medio, vola con compagnie low cost, ma tende a spendere in attività;

Reward Hunter: ricerca relax ed esperienze distanti dalla sua vita quotidiana che lo gratifichino;

Simplicity searcher: ricerca semplicità nell’organizzazione del viaggio e vuole evadere dalla quotidianità.

  • Nuovi modelli in distribuzione e commercializzazione

Sicuramente influirà sul cambio di ciclo la comparsa di nuovi modelli e canali di commercializzazione. Airbnb è un nuovo intermediario a pieno titolo, che non si limita più solo all’alloggio di case private o appartamenti. Anzi andrà verso altro. Infatti, ha incrementato il numero di hotel nella sua piattaforma di più del 150% nell’ultimo anno e ha comprato Hotel Tonight. Include quindi già boutique hotel, B&B e ostelli.

Ma in realtà tutti attendono che Facebook, Amazon ed Apple diventino degli intermediari turistici. Essi sono in possesso dei dati di tutti i propri clienti, conoscono ciò che interessa loro e quando lo vogliono. La rete social più grande del mondo è convinta che sarà la nuova vetrina per vendere viaggi e sta già lavorando in questo senso. Sta valutando, ad esempio, come rendere prenotabili voli o accommodation attraverso WhatsApp o Facebook. L’approccio è quello di fare in modo che queste piattaforme fungano da assistente personale nei viaggi. Facebook ha già sviluppato dei tool come la pubblicità dinamica per il settore turistico, mentre Instagram sta andando verso la prenotazione.

Pero è Amazon la vera incognita. Cosa succederebbe se Amazon entrasse in gioco nel turismo? Ci ha provato con Amazon Destinations, ma non è andata bene. Però il fatto che abbia più di 100 milioni di clienti Prime significa che avrebbe già un vastissimo pubblico per prodotti e servizi turistici.

È ormai certo che questi giganti dell’online entreranno nel business della distribuzione, nonostante resti l’incertezza sul come e il quando. Ma sicuramente sono già un elemento che provoca una grande disruption e un cambio di ciclo.

  • La DMC Google

Ma se c’è un grosso disruptor nella commercializzazione e nella distribuzione del turismo è sicuramente Google. Book on Google si è consolidato come core business di Big G ed è sicuramente quello che più sta crescendo fra i metasearch. Nella propria strategia si appoggia su tre colonne: Google Hotel Ads, RBM (Room Booking Module) e Google Assistant, oltre ai prodotti che sicuramente aggiungerà. Google non si limita a svolgere il suo ruolo di motore di ricerca. Vuole assistere il turista in tutto il processo attraverso Book on Google.

Google Travel è il nuovo prodotto di Big G. Una piattaforma per desktop e mobile che integra tutto il prodotto del gigante del web per il turista. Il nuovo servizio mette insieme Voli, Hotel e Trips in un unico contenitore sull’app Google Trips per il mobile e su Google Travel per desktop. Ma non finisce qui.  D’ora in poi le ricerche e prenotazioni effettuate nelle varie sezioni – Trips, Search e Maps – saranno tutte disponibili nella macro area Travel. Qui sarà possibile aggiungere di volta in volta e manualmente nuove prenotazioni. Inoltre, per ogni destinazione, verranno proposte anche le condizioni meteo in tempo reale e una guida turistica tratta da Wikipedia. Oltre a video recensioni da YouTube, foto e suggerimenti degli itinerari con un certo numero di attività ed esperienze.

In questo modo, Google Travel prevede anche suggerimenti on-going, al momento stesso del viaggio. È quindi indubbio che Google stia costruendo un ecosistema in grado di fornire e garantire informazioni e assistenza ovunque nel mondo, in qualsiasi momento. Da qui alla distribuzione del prodotto il passo è breve.

  • Cambiamenti e concentrazioni

Tutti questi fattori stanno alterando il ciclo. I grandi player del turismo ne sono consapevoli già da tempo ed hanno accelerato il processo di trasformazione. Le OTA, con Booking ed Expedia in testa, cercano nuovi sbocchi ed opportunità. Vedono nelle esperienze un mercato interessante e ci stanno provando, anche attraverso collaborazioni e partnership.

Le catene alberghiere, soprattutto quelle leisure, davanti alla domanda, hanno proceduto alla ipersegmentazione, per assicurarsi il mercato. Servizi personalizzati e prodotti su misura, ad esempio con proposte adults only, o per turisti single. Mentre per i turisti familiari si procede a lavorare per soddisfare i piccoli, cioè i figli, con proposte tematiche e segmentate per età.

Anche i grandi tour operator, come TUI e Thomas Cook, ma anche Jet2 Holidays, FTI e Alltours, stanno accelerando il modello di business. TUI, ad esempio, ha ridotto il suo business come TO e si è concentrato sulla gestione di alberghi/resort propri e crociere. Thomas Cook segue la linea di consolidare il proprio prodotto alberghiero, in modo da avere un prodotto esclusivo. Dal momento che i turisti sono cambiati, si è reso necessario far evolvere anche il prodotto, verso una proposta premium. Un esempio è evidente nel fatto che i TTOO stanno abbandonando il charter.

Insomma il cambio di ciclo è già in atto e ci porterà delle novità, ma soprattutto obbligherà ad una gestione accurata ed una constante innovazione.

 Manuale di sopravvivenza al cambio di ciclo

cambio di ciclo turista

Seppur arrivino tempi complessi e pieni di incertezza, è sicuro che il turismo continuerà a sopravvivere. Soprattutto perché i turisti desiderano continuare a viaggiare e a vivere delle esperienze. Arrivati a questo punto, è importante essere consapevoli che sia necessario innovare ed essere sempre attenti all’evoluzione della domanda, alle disruption ed alla concorrenza.

Le chiavi per non lasciarsi travolgere dal cambio di ciclo possono essere le seguenti:

  • Gestire il cambiamento

I cambiamenti rappresentano un’opportunità. Identificare le tendenze, pianificare e seguire gli obiettivi che si fissano.

  • Da soli non si va da nessuna parte

Gestire e coccolare il cliente, cercare delle collaborazioni.

  • Collaborare e competere

Fare rete è fondamentale. L’esperienza turistica si produce almeno con la proposta di due operatori.

  • Innovare

Ciò che sempre ha funzionato, non è detto che continui a funzionare.

  • Seguire le tendenze e gli indicatori  

Adesso le burrasche arrivano senza avvisare. È fondamentale controllare come va il business attraverso degli indicatori.

  • Il valore come chiave

I turisti ed i mercati sono cinici, non gli interessa altro oltre a ciò che ottengono per sé stessi. È ora di far crescere e creare il valore della proposta e generare maggiore valore aggiunto.

  • Offline + Online

Essere attivi nel mercato, comunicare e commercializzare in modo multicanale, è ormai imprescindibile.

  • Trasformazione digitale

Non è questione di comprare tecnologia. La trasformazione digitale è fondamentalmente innovazione, mente aperta e disponibilità alla cultura. Il mondo del turismo è digitale, pertanto la cultura nell’impresa e nella destinazione deve essere digitale.